sabato 19 ottobre 2013

Roma-Napoli: il day after

Cosa viene fuori dalla notte dell'Olimpico? Uno, che la Roma è una squadra terribilmente cinica, organizzata ed è prontissima a lottare per lo scudetto da qui a maggio prossimo. Due, che il Napoli non esce affatto ridimensionato dal primo scontro al vertice del suo campionato.

La partita di ieri, se riletta dai semplici almanacchi, può apparire come una sentenza pulita, secca, senza appello. Due a zero e Napoli ricacciato a meno cinque, ottava vittoria su otto partite disputate e guanto di sfida-scudetto lanciato da una Roma ora favorita principale nella corsa al titolo e contro la Juventus. I dati di fatto, di giubilo per i giallorossi, di delusione per gli azzurri, sono questi.

Eppure, c'è molto di più. La Roma ha vinto perchè ha saputo essere più squadra nei momenti topici dell'incontro. L'uscita anticipata di Totti, la sofferenza dell'ultimo quarto d'ora del primo tempo e la fase di forcing del Napoli dal primo minuto della ripresa fino al rigore fischiato a Borriello. In questi frangenti, la Roma ha sotterrato il fioretto, si è rintanata e ha offerto la miglior versione possibile del calcio all'italiana, difesa e contropiede. Senza vergogna, conscia delle proprie qualità. Da grande squadra, destinata a dire la sua fino alla fine. Per merito di Garcia, della sua organizzazione capillare, semplice quanto efficace, e poi di un gol magico disegnato da Pjanic, ovvero l'elogio al contrario a Zeman, unico uomo al mondo capace di preferirgli addirittura il buon Tachtsidis. La punizione del bosniaco ha dischiuso alla Roma le porte della partita perfetta: Napoli in avanscoperta e possibilità di imperversare in contropiede. Da qui nasce il 2-0, con un rigore che ci può stare, e da qui riparte la corsa finora perfetta colorata di giallorosso.

Il Napoli, poi. La squadra di Benitez ha perso non perchè inferiore ai giallorossi, ma perchè priva di alcuni uomini chiave e incapace di essere realmente pericolosa quando l'avversario è chiuso a riccio. Gli uomini chiave, o meglio i loro forfait, si sono visti nei momenti topici del primo tempo: senza colpo ferire a Pandev o Insigne, ma secondo voi Higuain avrebbe mai sbagliato le macroscopiche palle-gol capitate ai due compagni di cui sopra? Dubitiamo. Eppoi, Cannavaro: non sapremo mai se Britos avrebbe fatto meglio di lui (non difficile, comunque, date le due perle al contrario del capitano azzurro, colpevole di ingenuità su entrambi i gol giallorossi), ma attualmente è un giocatore non in grado di offrire un rendimento accettabile. La mancanza di un centrale di livello almeno avvicinabile ad Albiol era uno dei problemi più evidenti dell'organico azzurro, e la gara con la Roma è lì a dimostrarlo.

Di buono, per gli azzurri, il frangente che va dall'uscita di Totti fino al rigore dello zero a due. Si è visto un Napoli arrembante, dal buon possesso e dagli ottimi automatismi: eppure, sta qui il secondo problema di cui sopra. Gli azzurri arrivano facilmente ai sedici metri avversi, per poi perdersi in mille tocchetti senza risoluzione finale. Con Pandev, la squadra acquista in palleggio puro ma perde in profondità, e contro squadre che sanno chiudersi, come la Roma o il Sassuolo di qualche settimana fa, e in situazioni di pressione, questa mancanza diviene letale. Con Hamsik così in letargo, poi, la situazione diventa ancora più grama.C'è da ricomporsi per il Marsiglia e per la ripartenza in casa col Torino, e non bisogna abbattersi: di squadre forti e ciniche come la Roma, in questa Serie A, ce n'è poche.

In sintesi, i tre punti giallorossi sono giusti per quanto visto in campo. Eppure, i due gol divorati dal Napoli sullo zero a zero gridano vendetta. Per la sfida del ritorno, per tutto un campionato da giocarsi fianco a fianco, per una lotta-scudetto che, ci scommettiamo sopra, non potrà prescindere da queste due realtà.

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