martedì 29 ottobre 2013

Mazzarri: pregi e difetti

Premessa: Walter Mazzarri è uno dei migliori allenatori della Serie A. Lo dicono gli almanacchi, sacra bibbia depositaria dell'unica verità incontrovertibile del calcio, quella dei risultati. Anni e anni costellati di successi, di grandi stagioni, di squadre costruite ad un'immagine e somiglianza che prima o poi non poteva non contemplare un'esperienza nell'Olimpo della grande squadra. Nella fattispecie, l'Inter.

Eppure, qualcosa non quadra.

Spieghiamoci. C'è qualcosa, nella genetica delle squadre di Mazzarri, che sembra essere antitetica ai corredi delle grandi squadre in senso stretto. Quelle che vincono, per intenderci. Fateci caso: la bacheca di Mazzarri è riempita dalla sola Coppa Italia vinta col Napoli due stagioni orsono, e in più una promozione dalla B alla A col Livorno. Stop. Un po' pochino, ammettiamolo. Ok che il vate di San Vincenzo è giunto solo tre anni fa, col primo Napoli da corsa con Cavani in campo, alla guida di una macchina in grado di competere per le prime posizioni, ma è vero pure che le occasioni avute per centrare i bersagli grossi siano state non solo mancate, ma neanche lontanamente sfiorate. Lo scudetto del 2011 è stato annusato per qualche settimana causa sonno del Milan, quello dell'anno successivo è stato sacrificato sull'altare del noviziato Champions. Diktat presidenziale, ristrettezza dell'organico, immaturità ed inesperienza ad altissimi livelli, per quel Napoli. Non alibi, ma fatti documentabili e ampiamente documentati. Altro giro, altra corsa nel 2012/2013: l'impegno da contemplare era solo il campionato, data l'idiosincrasia (giustificata?) dichiarata del club azzurro all'Europa League e l'abbandono precoce dalla Coppa Italia. Eppure il Napoli è parso acerbo anche stavolta, poche volte in grado di competere direttamente, occhi negli occhi, con la Juventus. Poi questa Inter, sensazione positiva in avvio e poi tipica squadra mazzarriana, bella e brava a tratti e poi grande incompiuta nei match che fanno da travi portanti ai campionati vinti (Cagliari e Bergamo proprio stasera, al di là della sconfitta con la Roma di Garcia).

Perché? A Napoli alcuni tacciavano Mazzarri di provincialismo, di incapacità di trasformarsi davvero in top coach, in allenatore da grande squadra capace di gestire con acume e tranquillità le incombenze di una stagione da vertice, dalla prima alla trentottesima coppe annesse. Forse la critica è esagerata nei termini, ma non lo è nella sostanza: anche a Milano, il mister livornese non riesce a venire a capo di gare difficili, ma che una grande squadra deve affrontare aspirando ad una vittoria che sia netta, indiscutibile, violenta nella sua spietata certezza. C'è sempre un'idea latente di sofferenza e di ansia, anche in partite vinte in maniera relativamente facile. Esempio, Inter-Verona. E' sempre incombente l'ansia di non riuscire a portare a casa la partita: le squadre di Mazzarri, per vincere, hanno bisogno di esprimersi al massimo. Al cinquanta per cento, è molto difficile che si vinca o si segni al netto di qualche estemporanea invenzione dei campioni in campo. Eppoi, i difetti storicamente riconosciuti al mister: testardaggine sul modulo, cronica sfiducia nei confronti di giovani ed alternative (una coppia d'attacco Palacio-Icardi dal primo minuto non scatenerebbe alcuno scandalo politico) e ripetitività nei cambi  e nelle variazioni a partita in corso.

Il quadro che viene fuori è quello del tecnico capace di avviare i grandi cicli, ma incapace di chiudere il cerchio della gloria con una vittoria. Vedasi Sampdoria e Napoli. Probabilmente, Mazzarri ha già dato all'Inter ciò che i nerazzurri più sbandati di sempre gli avevano messianicamente chiesto: un'identità di gioco, un'idea almeno parvente di gruppo unito, il recupero di alcuni calciatori, l'invenzione-riscoperta di altri (questi Alvarez e Jonathan valgono da soli una medaglia al valore calcistico), uno spirito combattivo e una condizione fisica, al netto dei normali contrattempi fisici, almeno presentabile. Il problema è che l'Inter, la grande blasonata che Mazzarri aveva sempre invocato ed inseguito (ricordate il matrimonio estivo con la Signora prima del divorzio in contumacia e l'arrivo di Conte? Era il 2011...), non sa e non può accontentarsi di questo. Per quest'anno forse sì, ma per gli altri occorrerà attrezzarsi. Il dubbio è proprio questo: Mazzarri sarà in grado di essere Mazzarri anche quando ci sarà da vincere in senso totale? Al tempo, ai posteri e al pallone l'ardua sentenza...

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