martedì 15 ottobre 2013

Dalle bombe ai Mondiali: la favola della Bosnia

Lasciamo un attimo da parte i discorsi su Balotelli, la pessima prestazione di un'impresentabile Italia con l'Armenia e l'indonesizzazione della nuova Inter by Thohir.

Facciamoci avvolgere dal bello del calcio, dalla sua forza devastante, e raccontiamo una favola romantica di pallone. Quella della Bosnia, approdata per la prima volta alla Coppa del Mondo di calcio. Raccontiamo di quel pallone che fa la Storia non solo sportiva, e che riesce laddove hanno fallito la politica internazionale, la tattica militare e le incredibili facoltà autodistruttive dell'essere umano.

Neanche vent'anni fa, Sarajevo e dintorni erano squassati da una guerra civile ancora difficile da spiegare e raccontare. L'indipendenza raggiunta a fatica, i contingenti dei paesi del mondo che garrivano al vento la bandiera della democrazia e intanto sparavano, e non in modo metaforico, sul sogno multietnico di una nazione ai primi vagiti. Oggi, il calcio dà un colpo di spugna alla storia, cancella l'ultima riga e manda nella terra del football più sereno e divertente, il Brasile dei prossimi Mondiali, la squadra figlia di quegli anni così difficili.

Il sogno della Bosnia, nazionale dalla storia giovane (esordio ufficiale, 30 novembre 1995 in una gara-simbolo contro l'Albania), ha avuto la sua alba di realtà nella serata del 15 ottobre. Giusto iersera. La vittoria di misura colta a Kaunas, in Lituania (gol di Vedad Ibisevic nel secondo tempo) è stata solo l'ultima impresa di una squadra capace di mettere in cascina venticinque punti su trenta disponibili, con l'invidiabile score di otto vittorie, un pareggio ed una sconfitta. Qualificazione sacrosanta, meritata, arrivata all'ultimo tuffo solo per la strenua resistenza opposta dalla Grecia, arrivata addirittura a pari punti ma seconda dopo lo spoglio della classifica avulsa.

Tecnicamente, la vittoria della squadra del CT Susic, una vera leggenda a Sarajevo, non sorprende più di tanto i critici: lo stesso Ibisevic, Dzeko, Pjanic, Lulic, Salihovic sono solo alcuni dei nomi forti e più famosi di una rappresentativa ricca di talento e  di comprovata esperienza internazionale ad alto livello. In un girone equilibrato e livellato verso il basso, poi (Slovacchia, Lettonia e Liechetenstein le altre compagini del gruppo), anche una squadra dal palmarès così esiguo ma dal talento tutto da sgrezzare può aspirare al ticket per il viaggio verso il Brasile, terra di sogni ed eldorado pallonaro che solo qualche anno fa avrebbe fatto fare una grassa risata sognante e disillusa ad ogni tifoso ed appassionato bosniaco, dilaniato dalla guerra e dal sogno proibito di una normalità utopica.

Oggi che questo viaggio della felicità è realtà, Sarajevo festeggia. Con la speranza che, attraverso la riscrittura della storia del pallone, anche la Storia con la Esse maiuscola possa iniziare a svoltare verso una coesistenza pacifica in una terra da sempre difficile, ma oggi stanca di rincorrere, come un'inarrivabile chimera, la semplice quotidianità di una vita normale.


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