giovedì 31 ottobre 2013

C'è poco da stare Allegri o c'è poco da stare, Allegri?

Il vecchio gioco dei libri di grammatica per far capire l'importanza del posizionamento di una virgola in una frase. Un vecchio gioco che sintetizza in maniera perfetta il momento orribile del Milan, che impatta in casa con la Lazio e rimane impalato a dodici punti, a meno tredici (!) rispetto alla zona-Champions. Un vero disastro tecnico, societario e d'immagine. Una situazione difficile e difficilmente preventivabile che vede schierata, per la primissima volta, anche tutta la tifoseria in un fronte comune: quella del dagli a Max Allegri, allenatore rossonero.

Nella controversa esperienza del tecnico livornese sulla panchina del Milan, tantissime sono state le volte in cui si è parlato di esonero. Ad ogni inizio anno, per l'esattezza. Poi venne lo scudetto 2011, poi venne il bis sfiorato nel 2012, poi venne la rimonta-Champions dell'anno scorso. In tutta onestà, parlare di scenari come questi, adesso, rasenta la fantascienza. Oltre che l'incoscienza. Il motivo è facilmente individuabile: attualmente, il Milan non ha un'identità di gioco precisa, non è una squadra nel senso stretto del termine. Certo, grinta e attaccamento alla maglia non sono mai mancati, e testimoni di un atteggiamento positivo sono le rimonte completate (Bologna, Amsterdam) o abbozzate (Parma) di questo primo scorcio di stagione. Ma da sole, queste qualità non bastano più al tifoso milanista, stanco di una squadra incapace di produrre un gioco accettabile.

Nasce da qui la prima, storica contestazione ad uno dei tecnici preferiti dalla curva milanista, sempre indulgente verso l'allenatore livornese. Ok la solita, terrificante sequela di infortuni. Va bene anche per la qualità non eccelsa (eufemismo) di una difesa inadeguata, mediocre e pure al di là con l'età, e dell'improvviso letargo di un uomo chiave come Balotelli. Ma le giustificazioni finiscono qui, e si sa presto che quelle che non rispondono a fatti concreti si trasformano presto in alibi. Il Milan aveva un Supermario in più nel motore fin da inizio anno, aveva ritrovato De Jong, ha ripescato un Kakà non impresentabile, si ritrovata in casa un Robinho rigenerato e ha pescato dal mazzo un jolly forse non proprio da campioni, ma sicuramente affidabile coma Birsa (sei dei punti rossoneri sono tutti suoi: un 50% che fa riflettere). Eppure, non si è mai vista la squadra rossonera giocare bene, se non in alcuni spezzoni isolati di alcune gare. Cambi continui di formazioni, idee, combinazioni. Una punta con due trequartisti, due punte e mezza, tre punte reali, falso nueve e chi più ne ha più ne metta, in un'accozzaglia che non denota certo le qualità di piccolo chimico dell'allenatore, ma ne sottolinea più che altro la confusione mentale.

Ecco perché c'è poco da stare, Allegri. Il tempo a disposizione sembra ormai scarseggiare, ed è quasi certo che un altro passo falso in un altro scontro diretto (al netto di una classifica imbarazzante), quello con la super-Fiorentina di Montella, costerebbe la panchina a Max. Continuare con lui nonostante la sfiducia dell'ambiente sarebbe grande esercizio di fiducia e cocciutaggine, doti rare da trovare nel panorama dei rapporti società/panchine del calcio italiano. Doti che, però, nel caso di un rapporto logorato e mai pienamente sbocciato come quello tra Allegri e il Milan, potrebbero anche avere il risvolto sempre in agguato dell'autolesionismo.

Ma c'è anche poco da stare Allegri, senza virgola. Il cambio tecnico, oltreché rappresentare una sconfitta per tutto l'ambiente Milan, equivarrebbe ad un vero e proprio salto nel buio. Top coach liberi non se ne trovano, e la soluzione interna rappresentata da Inzaghi è affascinante quanto rischiosa. Più che sull'allenatore, quindi, il club rossonero dovrebbe meditare sulle sue pessime condotte di mercato, sull'incapacità perenne di conferire all'organico un equilibrio accettabile tra potenziale offensivo e difensivo, sulla difficoltà nel dotare la squadra di un elenco di calciatori in grado di assicurare un rendimento costante.

Ricordiamoci che il club più titolato al mondo, da un po' a questa parte, è sovente costretto a schierare gente come Constant, Zaccardo, e i pur non disprezzabili Zapata e Birsa. Siamo sicuri che sia proprio tutta colpa di Allegri?

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